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Storie di vita

Rosso-ricordo.

da Parole di miele Febbraio 21, 2021

È passato un anno.

Me lo ricordo ancora bene, come se fosse ieri, come se fosse oggi e tutto quanto non fosse mai passato così in fretta, così lentamente e così immensamente. Mi alzavo dopo una notte completamente insonne. All’insegna delle parole pedagogiche che risuonavano nella mia mente. Inclusione, legge 104, disabilità, scuola, integrazione, cooperazione, empatia, lavoro, educazione, cura, tecnologie, piccoli passi e grandi traguardi. È sempre così, la notte prima dell’esame. Passo la serata a ripassare a letto, sotto le coperte, sommersa dalle piume d’oca e dalle pagine dei riassunti e schemi che mi sono fatta. Fogli e fogli. Poi distrutta mi metto a letto ma nella mia testa non esiste pausa. Sogno addirittura di ripassare, di spiegare il discorso e di immaginarmi cosa dire.

Faccio colazione, di fretta. Non ho fame. L’unica cosa che desidero, mentre ormai mi sto già lavando i denti, è quella di salire su quel treno.. entrare in aula, far l’orale e tornarmene a casa. Ore 9:00, andata compiuta, aula silenziosa con più libri che persone sui banchi. Le mie gambe si muovono ed io tremo, come sempre. Guardo l’ora. Entra il professore, saluta sorridendo, fa l’elenco e partiamo.

Detesto quando all’orale c’è poca gente e c’è silenzio attorno. Come se tutti fossero lì ad ascoltare il colloquio del singolo interrogato. Diventa come la scena di un film poliziesco in cui sommersi dal buio una luce accecante punta dritto in faccia al sospettato. “Mi dica lei: da cosa vuol partire?”

Mancano due persone prima di me, e come faccio sempre, stop alle letture, via il cellulare e respiri profondi. Sembra che sto andando in guerra ed è solo un esame. Ansia a non finire come se di questo esame ne andasse la mia vita. Chissà cosa accade a non passare un esame, un apocalisse??

Tocca me. Il prof mi chiama ed io seduta alla cattedra stringo nelle mani il mio portafortuna. Brevi domande. Le so. Pronta.

Il prof sorride, e si ricorda di me. Mi chiede se son io.. la Dafne che negli anni precedenti aveva fatto da tutor per la community online della triennale in scienze dell’educazione. Proprio così! Si congratula e mi chiede com’è stata l’esperienza.. se ho qualche consiglio, riguardo, e mi spiega le future precauzioni in campo privacy. Mi congeda con un “va benissimo, io direi 30 e lode veloce veloce! Così la libero e può andare a pranzare!!” ormai son le 12:47. Sorrido, felice, saluto e mi avvio al posto.

Dò due spiegazioni alla mia compagna di banco che deve rimanere ancora in attesa. Io non tremo più, son così libera. Metto via i fogli, i quaderni, il badge. Prendo il telefono, pronta alla condivisione con mio papà.. che è il mio supporter numero uno. Mille messaggi.

Panico. Non capisco. “Raga siamo chiusi, sembra che dicano che non si può più entrare dentro il paese!”.. “hanno trovato un caso COVID qui da noi”.. “codogno è tutta chiusa, mi mamma è stata chiamata e le hanno detto di tornare a casa”… “l’ospedale ha mandato l’allarme”.. non capisco.

Scrivo a mio papà “fattooooooo!! 30 e lode :P” e passo all’altra chat intanto che cerco di decifrare ciò che leggo e le mie gambe si avviano a prendere il famoso treno del ritorno che attendevo dal risveglio. “Parlano di zona rossa”.. apro internet “caso di COVID, paziente 1 a codogno. Paese chiuso, allarme”. Io non capisco. Posso tornare a casa?

Salgo sul treno incredula e penso che l’unica cosa che avrei voluto era tornare con questo sole a condividere il mio esame conquistato. Quando prendo un 30 solitamente mi faccio anche un bel regalo. Ho passato l’esame, e l’apocalisse è arrivata comunque. Che sta succedendo?

Squilla il telefono, papà: “heiii secchiona, quindi 30?”-“papà ma hai sentito del paziente 1? Non ho capito.. siamo tutti chiusi? Posso tornare? Cosa sta succedendo?”-“no.. son a lavoro, cos’è successo? Cosa vuol dire?”

Provo a spiegare quel poco che ho capito ma non ci sono parole che possano in realtà far la differenza. Non conosciamo nulla. Non si capisce nulla. È una situazione paradossale e incomprensibile. Quasi da non crederci. “Ci vediamo a casa”

Torno a casa. Pranzo e attendo novità. Senza sapere che sarebbe stato l’inizio di un anno incredibilmente surreale. Senza sapere che per tre mesi da quella casa non sarei più uscita. Senza sapere che per un mese e mezzo gli unici suoni che avrebbero accompagnato il mio sonno sarebbero state le sirene delle ambulanze. Senza sapere che mai così tanto, avrei desiderato uscire, viaggiare, sedermi ad un ristorante, scegliere un film al cartellone di un cinema, cantare in macchina a squarciagola, provarmi un vestito in un negozio, dare gli esami in aule silenziosamente agitate, dar la mano ad un professore, scontrarmi con uno sconosciuto sulla metro, ascoltare la musica sul treno, ballare su un palco, passeggiare con il mio cane, prenotare una vacanza, tenermi per mano nelle vie di una città, entrare in una libreria ed annusare il profumo dei libri nuovi, andare a prendere il sole al mare, andare al mercato, scegliere i vestiti di danza per il saggio, far colazione al bar con le amiche, ripetere al cameriere “son intollerante al glutine; cosa posso ordinare?”, aspettare il mercoledì sera per andare a lezione di danza in palestra, prenotare una stanza in hotel, andare a bere qualcosa il sabato sera con gli amici, fare grigliate per ogni occasione, andare in piscina.

Ma specialmente, senza sapere che mai per così tanto avrei potuto sorridere a qualcuno per strada.

È passato un anno, e me lo ricordo ancora come se fosse ieri. Zona rossa. Isolati dal mondo intero. Isolati nel nostro stesso comune. Isolati nella nostra stessa casa, con la paura di qualcosa che poteva succedere e che nemmeno sapessimo come affrontare. È passato un anno e se chiudo gli occhi mi sembra ancora tutto così offuscato e al tempo stesso nitido. Tutto così assurdo e al tempo stesso concreto. E siamo qui, dopo un anno, immersi ancora nella paura e nel coraggio. Non siamo soli. Ad un anno da tutto questo e ad un anno dal mio esame “inclusione, cura, empatia, piccoli passi e grandi traguardi”.

Febbraio 21, 2021 0 comment
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Storie di vita

Grigio thè

da Parole di miele Febbraio 2, 2021

Apro gli occhi ed è un nuovo giorno. Il piede mi fa male, anni fa ha subito un’operazione e quando cambia il tempo lo percepisce. Guardo fuori dalla finestra e c’è quel grigio cupo che lascia indietro gennaio ed abbraccia febbraio. Che noia. Mi manca il mare, mi manca il sole, mi manca l’aria. Ci son giorni davvero infiniti dove il male al piede mi sembra male al cuore. Lavoro per metà delle mie giornate e a volte prendono senso, a volte lo perdono. Come si può andar avanti in questo salto temporale che ci fa andar di matto?

Ho tra le mani la mia tazza di the tiepida con la crostata all’albicocca che sa molto di primavera. Non vedo l’ora che arrivi, che passi questo mese infinito, che con una toccata e fuga passi anche marzo, che come sempre in realtà mi lascerà un bel segno, anno dopo anno. Per poi arrivare al sole, al profumo di buono, di fiori che sbocciano, di giornate che si allungano, di piogge nutrienti e aria di concime nell’aria. Questa cosa un po’ mi fa ridere. C’è stato un programma, in cui un comico famoso prende in giro il nostro territorio perché quando si avvicina la primavera e passi in autostrada vicino a noi, sentì odore di cacca di mucca. È vero.. e sembrerà strano ma per me vuol dire proprio cambiamento, primavera, arrivo, nascita, libertà. Perché mi immagino andare a passeggiare tra campi e stradine, mentre i raggi mi accecano e l’aria sa proprio di nuovo. Quando inizio a vedere le pecorelle nel prato di fronte, gli uccellini canticchiare dagli alberi, il mio gatto che si rotola sui gradini del giardino, i panni che svolazzano e ondeggiano di muschio, i libri letti sul dondolo nella penombra della tettoia, la porta aperta di casa perché si sta meglio fuori che dentro. La bicicletta, il campanello e la sveglia. Apro gli occhi e son ancora davanti alla mia tazza di the, chissà, forse era solo un sogno.

Febbraio 2, 2021 0 comment
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Sospensione notturna

da Parole di miele Gennaio 12, 2021

Ho sempre avuto la testa scoppiettante ma in quest’ultimo periodo in realtà lo è il corpo. Non ho nemmeno il tempo di fermarmi e lasciar proseguire il cervello… come quando giri tantissimo la carica dei giochi a molla, giri giri giri ma ad un certo punto dovresti anche mollare e niente, il gioco procede da solo. Sto caricando così tanto che appena mi fermerò per davvero il mio cervello ed i miei occhi continueranno a roteare e lavorare fino a chissà quanto. Ma va bene così, di questi tempi… in cui spazio, orari, parole stanno prendendo direzioni opposte e collaterali allo stesso tempo. Chi ci capisce più qualcosa. A giorni mi stringo la mano per la grande complicità ed altri invece è meglio se non incrocio nemmeno lo specchio, così non mi ricordo di esser ancora presente qui dentro, in questo corpo umano.

Però sono contenta, molto contenta, perché ho da fare. Mi sento utile, in questo mondo che gira un po’ come gli pare. Mi sento felice, in questo mondo che a volte va troppo al contrario. Mi sento fortunata, in questo mondo che non risponde sempre, se non quasi mai, alle richieste che gli poniamo. Mi sento accettata e capita, e grata.

Quando siamo oberati di lavoro, di pensieri, di stress… tendiamo ad impazzire, ma forse e stando al limite che ci troviamo a far veramente i conti con noi stessi. Com’è giusto che sia, ad un certo punto. Ed oggi, dopo 12 giorni dall’inizio di questo nuovo anno, 2021, mi sento già carica, piena, energica, spompata e/ma felice. Avanti tutta.. signor capitano!

Gennaio 12, 2021 0 comment
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Arriverà e son pronta.

da Parole di miele Dicembre 30, 2020

Un giorno, un solo giorno e sarà un nuovo anno. Lasciamo indietro quest’anno ricco di sventure e panico, di noi e tempo.. tanto tempo. Un anno che non è per niente volato, e forse per la prima volta l’ho sentito tutto, giorno dopo giorno, ora dopo ora. Nonostante si, non abbia fatto davvero nulla. Ci si ritrova sempre a considerare l’intensità dell’anno in tutte le cose svolte, elenchi di viaggi, elenchi di esami, di avventure, di persone conosciute, di cene in famiglia, di compleanni e feste. Chi più ne ha più ne metta e, caspita, frenesia portami via. Quest’anno niente feste, niente amici, niente viaggi se non due piccolissimi in una breve pausa di sospensione estiva che da una parte pare un respiro in mezzo al nulla, ed in realtà era proprio quella la normalità. Che strano eh? È stato talmente un anno bizzarro che gli unici tre mesi su dodici che abbiamo passato liberi, non riusciamo nemmeno a vederli come normali, come comuni, quotidiani, semplici. Veri.

Ci penso e mi chiedo, ma l’anno scorso, prima che iniziasse questo 2020 assurdo… che propositi avevo? Quali obiettivi futuri mi frullavano per la testa? Che progetti avevo in tasca? Non ricordo.

Nonostante tutto mi viene da ricordare la fine degli esami. La mia nuova passione per le piante che mai avrei pensato di scovare. Il ritorno in Olanda dopo tantissimo tempo. Le poche giornate passate al mare ma godute come se fossero una grossa ed enorme fortuna. Le cene calibrate, perché poche, solo se necessarie, ai ristoranti. La ricerca del relatore e l’inizio della tesi. L’acquisto del camper. La costruzione di casa nuova per la convivenza. Un nuovo lavoro (che in realtà prima di questo ne ha visti altri due).

Tanti ricordi, nonostante tutto. Una prima volta di qualcosa che mai mi sarei aspettata. La paura, la gioia, l’attesa. Gli attacchi di panico in gran ritorno. Ma anche le risate, quelle vere. Le uscite solo per respirare aria, per davvero. Le pedalate in bicicletta, ovunque. La libertà, la costrizione, l’ansia ed il relax.

Non riesco a ricordare, cosa pensavo un anno fa. Sicuramente non mi sarei mai aspettata tutto questo. Non mi sarei mai nemmeno aspettata di collezionare un “tutto” visto quello che è successo. Ed invece c’è. Si vive. Ci si abitua. Ci si adatta. Si combatte. Si cade. Si accetta. Ci si ribella. Ci si prende una pausa. Si aspetta. Si corre. Si gode.

Grazie quindi, nonostante tutto. Perché mai avrei pensato di avere tempo, di prendermi tempo e di capire quanta importanza può avere farlo. Mai mi sarei dedicata a certe cose, mai avrei scoperto parti di me. Mai avrei fatto scelte, fermata a pensare ancor di più.

Son cambiata come ogni anno, ma anche quest’anno. Ho imparato il valore del tempo, del vedersi, dell’uscire. Il valore dei soldi, il valore del sorriso e del “fare”. Ma anche quello del non fare… ho imparato tanto. Da me, dagli altri e dalle assenze. Dal silenzio, dalla solitudine ma anche da chi c’era, c’è ed ha valore d’esserci.

Ho capito, soprattutto, che non è importante sapere quanto più cogliere. Quindi son qui.. in questo 30 dicembre.. alla soglia del nuovo anno.. Che non mi aspetto nulla. Non penso a nulla, e personalmente, non voglio nulla.

Arriverà.. e come arriverà, lo prenderò!

Dicembre 30, 2020 2 commenti
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Storie di viaggiUncategorized

A piedi scalzi, testa all’aria.

da Parole di miele Dicembre 10, 2020

L’ho già detto fin troppe volte, in questi ultimi mesi, che la salvezza risiede nell’immaginazione. Mi ritraggo costante con la testa fra le nuvole con la speranza di evadere da questa mancata libertà, di viaggiare, di fare, di esplorare. Non mi son mai reputata una grande viaggiatrice, anzi.. i viaggi erano un po’ la mia ancora per sopravvivere nell’immediato. Erano il mio obiettivo durante l’anno, quel pallino sul calendario da raggiungere e che mi faceva vedere una “fine” vicina a tutta la routine. Non importa dove, ma ci doveva essere. Anche viaggi brevi, semplici. La maggior parte delle volte tendo a tornare sempre negli stessi posti. Sono una grande sognatrice, ma sogno in piccolo, mi accontento. Se son stata bene ci ritorno, e non amo troppo il cambiamento repentino. Ci vuole una gran dose di coraggio (e di portafoglio eheh) nel lanciarsi sempre e costantemente in qualcosa di nuovo.. io invece mi lancio, ma a piccoli passi, graduale. Mi ci abituo, poco per volta, prendo consapevolezza e specialmente son sul pezzo, in grado di capire che le cose non vanno sempre come dovrebbero andare o come vorremmo farle andare… però, preferisco pianificare, organizzare e male che vada cambiare successivamente. Mi sto sperimentando un po’ improvvisatrice ma non lascio troppo al caso, cerco di avere dei piani di salvataggio nel taschino. Si è vero, son più le volte che non li uso di quelle che lo faccio ma questa cosa mi da comunque sicurezza. Preferisco così.

Mesi mesi mesi, a pensare a come sarebbe stato. Ora son ulteriori mesi che penso al passato e non vedo l’ora di tornare… mi immagino sulla mia bicicletta, col sellino troppo alto, in Olanda a pedalare incessantemente tra le vie di Rotterdam. E pensare che fu la città che mi piacque di meno.. eppure ora piuttosto che esser qui, con la pioggia, con la frenesia del lavoro e delle richieste.. vorrei esser lì.

A gustarmi quel buonissimo muffin con i frutti di bosco e pure senza glutine. Aveva una crema alla vaniglia sopra che ti avvolgeva il palato e sconvolgeva lo stomaco. Poi mi piacerebbe esser mano nella mano di nuovo tra le vie di Amsterdam, che ormai conosco come quelle del paese in cui vivo. Ciottolato ovunque, luci, splendidi negozietti di dolci, tazze fiori. Il gelato la sera rigorosamente senza lattosio, al cioccolato fondente con dentro dei pezzi di brownie. I coni di patatine giganti e calde, stracolme di salse. Divise per due, per non sentirci troppo esosi. Churros e nutella come sgarro di glutine e latte per poi rinchiuderci in casa senza alcun rimorso, insieme.

Andare alla ricerca di uno scooter per prendere e andare in spiaggia, travolti da un vento che non ci faceva star nemmeno in piedi ad osservare la ruota panoramica de Pier. Una pioggia che ci pungeva gli occhi, ma noi caldi ed abbracciati, felici come non mai. Chiudo gli occhi e mi immagino qualsiasi attimo, come quando li chiudemmo prima di dondolarci in aria, sopra tutta la città in un altalena gigantesca. Faccio un respiro grande come una casa, come tutti quelli fatti assieme, tra negozi, alla ricerca di scarpe comode dopo tutti quei mila e mila passi fatti senza nemmeno rendercene conto. I bus persi e le risate, i musei che mai avremmo pensato di vedere e tutto il cibo etnico che mai avremmo pensato di mangiare. Vacanza morbida come quel pollo e riso al curry delizioso. Un aereo del ritorno che non avremmo voluto prendere e che abbiamo pensato di stracciare, anche solo per un istante, per provare a rimanere lì..

Son tornata, ma son ancora lì.. e mi piace così tanto, immensamente tanto, che i ricordi siano ancora così vivi. Che i profumi siano ancora così percettibili e che se solo immagino il tutto, provo nostalgia, calore, acquolina, amore e tanta tanta tanta gioia. Me li tengo stretti, ma ci entro ogni giorno, in questi cassetti della mente. Ci entro a piedi scalzi per ballarci dentro all’infinito in questi tempi freddi, fermi e imprevedibili. Non vedo l’ora. Non vedo l’ora di tornare.

Dicembre 10, 2020 0 comment
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Storie di vita

Per ogni arrivederci.

da Parole di miele Novembre 25, 2020

Ormai da molti anni non vado più, anche se probabilmente troppo spesso sarebbe il caso di tornarci. Ci penso; poi provo a cavarmela da sola. Ma torniamo a noi.. molti anni fa, son stata in terapia e l’aiuto di una psicologa mi ha nutrito l’anima. L’ho fatto principalmente per superare la perdita di mia mamma, ed ho capito che in realtà le cose non si superano ma si comprendono.

Direi che ha funzionato, per certi versi. Ora mi prendo molto cura di me, dei miei sentimenti che troppo spesso son ancora sconosciuti e immensi. Dura la vita per le persone sensibili, grandi viaggi di scoperte ma sempre molto faticosi.

Ricordo però, che un giorno particolare, in una mia seduta con C. mi son ritrovata ad odiarmi, completamente. Continuavo a ripeterle che ero stanca di continuare a piangere per ogni singola cosa: per la gioia, il dolore, l’ansia, il nervosismo, la felicità. Piango anche quando non capisco cosa sto provando. Costantemente. Ero stanca di dare alle persone togliendomi costantemente pezzi di me, senza poter esserne felice. Non che mi aspettassi di aver qualcosa indietro, assolutamente. Ma tanto meno di esser usata, ignorata, maltrattata, senza esser presa in considerazione. Temevo molto la mia bontà, o almeno quella che pensavo di avere. Odiavo la mia disponibilità e il veder “bello” delle cose. Come se nella vita, nonostante ciò che mi è successo, ci fosse sempre del bello da vedere. Ricordo che ero confusa, triste e rammaricata, di me stessa.

Ricordo che non mi accettavo e probabilmente non accettavo nemmeno ciò che mostravo agli altri. Non accettavo di pormi in questo mondo nel mondo ne tanto meno come gli altri, nel mondo, si ponevano a me.

Ovviamente, visto i miei sentimenti ballerini, son instabile anche anche nelle giornate, nelle ore e nei minuti. Potrei esser qui a ridere con te per una cosa divertentissima e tra un’ora pensare che tutto quanto sia uno schifo. Eh si, non è colpa del ciclo ne degli ormoni.. ma semplicemente son fatta così. Lunatica.

Qualche settimana fa mentre prendevo lezioni di inglese mi sono descritta come “lunatic” per poi capire che non vuol dire come in italiano che cambi umore velocemente, ma che sei pazza. Pazza davvero. Quindi forse l’inconscio ha lavorato per me.

Torniamo a noi … in quella giornata primaverile che non aveva nessun sapore e i colori dei fiori nemmeno si notavano. Piangevo e non capivo.

Qualche giorno dopo, son ritornata e in modo spensierato cercavo di gioire delle piccole cose. Che non erano affatto piccole. Raccontavo a C. con un grande sorriso di aver trovato la strada giusta. Di esser andata ad un open day universitario e che forse, per la prima volta, avevo capito cosa fare della mia vita. Nonostante i 20 anni e tanti sbagli ancora davanti.. Avevo trovato ciò per cui non vedevo l’ora di spendere soldi, prendere un treno e studiare. Studiare, io!

La visita, e son sicura non esser stata l’ultima.. nella mia testa si conclude così, con una sua frase che ormai da 5 anni mi accompagna e diventa sempre più vera.

“Dafne; sei una persona speciale e davvero sensibile.. questo non dev’essere un tuo limite. Hai solo bisogno di circondarti di persone che ti permettano di esprimerti come sei e di ricambiare questo tuo dono. Nel percorso che hai scelto di intraprendere troverai tante persone come te, e ne sarai felice. Ti donerà tanto.”

Ed è così. Da 5 anni a questa parte, la mia vita si è arricchita di persone straordinarie. E ogni giorno che passa, ogni lavoro che cambio, ogni strada che percorro, lo faccio col sorriso.

Non è facile, perché si deve andare avanti e spesso la gioia dell’incontro di qualcuno si trasforma in un piangente saluto verso un arrivederci. Perché ovviamente piango ancora, i sentimenti lottano costantemente ed io rimango com’ero. Più consapevole ma sempre la stessa.

E non dimentico nessuno, perché nel mio cuore ogni persona è lì. E d’innanzi ad un nuovo saluto, oggi, mi ritrovo in balia di questa tempesta emozionale (di nuovo). Ma amo, amo, amo il mio lavoro. E credo fortemente nelle persone. Grazie, ad ognuno di voi.

Novembre 25, 2020 0 comment
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Poesie

Germoglia,

da Parole di miele Novembre 15, 2020

Come solo tu sai fare.
Allev(i)a, con tutto l’amore che sai dare.
Mostrati in tutta la tua bellezza

Novembre 15, 2020 0 comment
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Storie di vita

Legame amore-dolore

da Parole di miele Novembre 9, 2020

Che storia, la mia storia.

Porto dentro una cicatrice nel cuore che ho provato più volte a curare. Ho messo cerotti, colla e punti ma continuava ad aprirsi.. costantemente. Faceva malissimo.


Ad un certo punto ho compreso che la cosa che mi faceva più male erano gli strappi delle pezze che mettevo per chiuderla, quando voleva solamente aprire.. respirare e fiorire.
Ho tentato così tanto di rinchiudere mia madre nel cuore fino a quando ho capito che voleva uscire, non per scappare, ma per esplodere.. in ogni parte di me. E rimanermi costantemente a fianco. Per sempre, nonostante tutto.

Mi piace pensarmi forte e resiliente. Mi piace raccontarmi dalle debolezze o dalle ferite perché son quelle cose che mi hanno resa ciò che sono, che mi hanno cambiato, migliorato e reso più consapevole. Mi piace partire da qui, perché sembrava la fine del mondo ed invece mi ha aiutato a rinascere.

Questa è la mia storia, raccontata da me a Francesca, un’illustratrice e grafica italiana che vive in Belgio.. per un progetto stupendo che fonde passione, grafica e cura.

Appena ho letto di questa iniziativa non son stata più nella pelle ed ho deciso di mettermi in gioco, come faccio sempre. Mi è andata bene, perché ho solo dovuto chiudere gli occhi e lasciar andare la penna. Scrivo spesso è quasi sempre di me, quindi non è stato difficile.

La stranezza è stata forse nel fatto che solitamente scrivo senza aspettarmi nulla in cambio. Scrivo per sfogarmi e per lasciarmi andare, ma dopo il punto faccio pubblica e nient’altro.

Qui c’è stata una restituzione. Qualcuno mi ha letto, mi ha ascoltato, ha chiuso i suoi occhi ed ha immaginato ciò che sono, ciò che ho detto e me l’ha donato, con cura e dedizione. Ho donato un pezzo di me e mi è stato ridomato a sua volta, modificato, manipolato da altri mani e rivisitato. È sempre strabiliante quando qualcosa ti intacca da fuori ma riguarda te. Quando qualcosa ti colpisce ma è inaspettato e al tempo stesso così personale, che ti scuote. Ho visto la bozza ed ho pianto. Non so se per amore o per tristezza, ma è stato un colpo dritto, distinto e di istinto.

Grazie.

Ad una nuova storia. Sempre la mia.

Novembre 9, 2020 0 comment
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Storie di vita

E-va-dere

da Parole di miele Novembre 5, 2020

Evadere, evadere, evadere.
Nessun angolo della mia mente mi è ormai sconosciuto in quanto da parecchio tempo vivo più li che al di fuori di me. Patetico. O forse è solo sopravvivenza.
I demoni in me si fanno spazio e si sono impossessati del luna park nel mio cervello e non hanno intenzione di lasciarlo, non per ora. E forse io non son ancora pronta a reagire e glielo lascerò fare. Divertitevi, almeno voi. Io ci penserò poi.

Novembre 5, 2020 0 comment
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Storie di vita

Not(t)e.

da Parole di miele Novembre 3, 2020

C’è stato un momento della mia vita, purtroppo fin troppo lungo, in cui ogni sera prima di mettermi a dormire, chiudevo gli occhi e mi riempivo di lacrime. Lacrime di gioia, lacrime amare, lacrime nostalgiche, lacrime malinconiche, lacrime tristi o lacrime dolci. Ogni sera un ricordo inondava la mia mente e sotto la palpebra accadeva di tutto: tempesta, marea, onda, goccia. Era qualcosa di immenso, che mi ha fatto odiare ed amare la notte. Che mi ha fatto combattere con i miei demoni e conoscere i miei angeli. Son state tante notti, insonni e a volte cullanti. Notti.

C’è stato un periodo della mia vita, non troppo lontano, in cui la notte per quanto buia.. si trasformava ad intermittenza in suoni sgradevoli, acuti e improvvisi, tra il blu ed il rosso. Un periodo di sospensione durato parecchi mesi, chiamato zona rossa che a me pareva più zona bianca, fredda, paurosa e insicura. Le stelle non erano più gialle e luminose, ma cadenti e dirette.. solo ed esclusivamente alle dita incrociate, esclusivamente ai desideri. Notti.

C’è stato un periodo della mia vita, lontanissimo da qui, che passeggia e trotta come Bambi nel bosco. Un periodo in cui il letto era la mia astronave magica e la coperta mi proteggeva da qualsiasi cosa. Nella notte ero la regina, comandavo e sceglievo tutto ciò che preferivo. Non era ammessa tristezza ed ogni sera una storia diversa che non vedeva l’ora di esser scritta. Chiudevo gli occhi, sceglievo ambiente, personaggio e lieve trama ed iniziavo ad immaginare. Curiosa, carica, emotiva, pronta. Avete mai scelto i vostri sogni? Io si. Notti.

Ci sono notti, in cui le emozioni navigano a rotta senza alcuna meta. Ci sono notti in cui il cuore scandisce il tempo ed il corpo lo segue, come una medusa segue le onde del mare. Ci sono notti in cui il corpo reagisce e i colori sovrastano l’immensità della camera rompendo i muri dell’astronave sicura. Ci sono notti in cui il silenzio è devastante e lancinante e non c’è alcun cerbiatto a scrivere la mia storia. Ci sono notti in cui un solo abbraccio è in grado di scaldarti il materasso e farti sentire viva, o portarti giù all’inferno.

È un po’ di notti in cui il silenzio mi sprofonda in petto e mi paralizzo. Sola e indecisa. Lascio andare giù, e mi perdo.

È un po’ di notti in cui il mio cuore martella dentro e scuote i quadri, gli armadi e vorrei urlare al mondo quanto son felice.

Ci sono notti, troppe notti, in cui ci sei tu, e solo tu e devi farci inevitabilmente i conti.

Novembre 3, 2020 0 comment
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